Poema epico-mitologico latino di Ovidio, in 15 libri, composto in esametri
dattilici. Consta di oltre 12.000 versi, che narrano le trasformazioni di esseri
mitici o di persone reali in oggetti inanimati, in piante o in animali. Il filo
conduttore che lega tra loro le circa 250 metamorfosi è l'intento del
poeta di raccontare la storia dell'universo, seguendo il criterio della
trasformazione. La narrazione comincia con il Caos, che diviene Cosmo ordinato e
regolato da leggi, e termina con l'assunzione di Giulio Cesare fra gli astri, la
glorificazione di Augusto e alcuni versi di commiato con il presagio
dell'immortalità poetica. Nella parte dell'opera contenuta tra questi
episodi fondamentali si trovano, disposte in ordine cronologico, le altre
favole, relative alle quattro età della terra e del genere umano. L'opera
segue i canoni della poesia alessandrina, fondata sulla varietà di
argomenti e sulla presenza di materiale di genere idillico, novellistico,
elegiaco. Le fonti a cui Ovidio attinse per comporre il poema furono Omero ed
Esiodo, i tragici greci, i poeti ellenistici (Callimaco, Nicandro, Partenio), i
poeti neoteroi latini (Cinna, Licinio, Calvo, Catullo), episodi tratti da
antiche teogonie e cosmogonie. Per quanto riguarda la data di composizione,
sappiamo che prima dell'esilio di Ovidio a Tomi (8 d.C.) l'opera era già
stata completata.